La Catechesi

“IL PARADOSSO DELL’EREMITA

Fu chiesto a un eremita, che viveva nel deserto egiziano: «Chi è il monaco?». Egli rispose riformulando paradossalmente «È colui che ogni giorno si domanda: Chi è il monaco?».

MONACO OGGI: LA RAGIONE DI UNA SCELTA

Non è raro, per chi ha scelto la vita monastica, sentirsi rivolgere domande del tipo: «Chi è il monaco? Che senso ha la vita monastica per la Chiesa e per il mondo di oggi?».
Domande legittime, che tradiscono interesse per una forma di vita che, nonostante tutto, desta ancora curiosità. Ce ne parla padre Adalberto Piovano, priore della Comunità SS. Trinità di Dumenza

di p. Adalberto Piovano priore della Comunità SS. Trinità di Dumenza

Per chi desidera avventurarsi passo dopo passo in quella “ricerca di Dio” che richiede una continua e a volte drammatica “conversione”, ogni definizione della vita monastica diventa un po’ inopportuna o invadente. Ogni giorno si sceglie di avanzare nella fede e nell’amore alla sequela del Signore; ogni giorno, nella preghiera, si scopre un tratto del Volto di colui che si cerca, ma nello stesso tempo si percepisce la sua alterità. Dio è sempre al di là della nostre attese e dei nostri desideri. Ecco perché è difficile dare una definizione statica e comprensiva.

Comunque, se dovessi dare una risposta, come monaco spontaneamente userei le parole che lo starec Zosima, l’anziano monaco de I fratelli Karamazov, rivolge ai suoi discepoli: «Noi non siamo migliori della gente del mondo per il fatto che siamo venuti qui e ci siamo chiusi fra queste mura; anzi, chiunque è venuto qui, proprio per il fatto di esserci venuto, ha riconosciuto di fronte a se stesso, di essere peggiore della gente del mondo... E quanto più un monaco vivrà fra le sue quattro mura, tanto più profondamente dovrà rendersene conto. Perché, in caso contrario, non valeva nemmeno la pena che ci venisse. Questa consapevolezza è il coronamento della nostra vita di monaci, e anche della vita di ogni uomo. Giacché i monaci non sono esseri diversi dagli altri; essi sono soltanto come dovrebbero essere tutti gli uomini sulla terra».

Questa profonda condivisione con ogni cristiano, nel suo cammino quotidiano di sequela e di fedeltà all’evangelo, dà ragione alla vita del monaco, perché proprio nella fatica della conversione il monaco realizza la vocazione inscritta nel suo stesso nome: giungere all’unità del cuore e della vita. La preghiera, l’ascolto della Parola, il silenzio, la lotta interiore, la comunione con i fratelli, quella marginalità che caratterizza la vita monastica rispetto al mondo, tutto questo è il cammino concreto che traduce e orienta la vita del monaco nella ricerca di Dio. Ed è questo che, giorno dopo giorno, rende il cuore del monaco disponibile a quella unità interiore che è dono dello Spirito.

Tuttavia, se il monaco non fa nulla di straordinario, il modo in cui lo vive, il luogo che sceglie per vivere questo cammino, lo spazio che dà alla gratuità della preghiera e dell’ascolto, può trasformare la sua vita in segno “straordinario” per il mondo e la Chiesa.
br> Lo si potrebbe esprimere con un passaggio della lettera che la Cei aveva steso per commemorare il XV centenario della nascita di San Benedetto: «Forse oggi le “teologie’, i “discorsi su Dio”, per quanto importanti, non bastano più. Ci vogliono esistenze che gridano silenziosamente il primato di Dio. Ci vogliono uomini che trattano il Signore da Signore, che si spendono nella sua adorazione, che affondano nel suo mistero, sotto il segno della gratuità e senza umano compenso, per attestare che egli è l’Assoluto. Tale è stata l’esistenza di San Benedetto; e tale è chiamata a esser quella dei monaci. Ma tale deve esser la vita del cristiano. È questa la testimonianza più urgente da dare, in un mondo il cui il senso di Dio si oscura e c’è bisogno come non mai di riscoprire il suo volto...».